Un’imprenditrice italiana racconta: “La gente è in difficoltà estrema: acqua, luce, gas e benzina scarseggiano”. Ma la Nato nega le accuse. Intanto, il Consiglio nazionale di transizione ha chiesto il rimpasto dell’esecutivo. Per la donna è “solo una lotta interna per la leadership”.
Tripoli (AsiaNews) – “È una situazione vergognosa, la Nato continua a bombardare e uccidere la gente per portarla all’esasperazione e farla insorgere, così da rendere più facile il lavoro dei ribelli. Sarebbe questo il modo di proteggere e salvare la popolazione?”. Lo afferma ad AsiaNews Tiziana Gamannossi, un’imprenditrice italiana a Tripoli, in riferimento ai bombardamenti Nato sul villaggio di Majar (sud di Zlitan, 160km da Tripoli) il 9 agosto scorso, che secondo il governo libico avrebbero ucciso almeno 85 civili. La Nato ha negato ogni accusa, sostenendo di aver centrato solo obiettivi militari. Tuttavia, un portavoce del governo di Gheddafi ha dichiarato che tra i morti ci sarebbero anche 33 bambini, 32 donne e 20 uomini.
L’imprenditrice spiega che ormai il popolo vive in condizioni di estrema difficoltà: “A Tripoli è una battaglia continua, in città abbiamo problemi con gas, acqua, elettricità. Le zone dove c’è l’acquedotto, dove passa il gas, o il petrolio diretto alla raffineria sono ormai prese dai ribelli, che chiudono valvole e condotti. Prima una bombola di gas costava 3 dinari, adesso 85. In più, la benzina scarseggia perché la Nato ha posto un blocco per evitare che l’esercito di Gheddafi possa usufruirne. Ma la popolazione?”.
Non è finita. “Qui da noi molti impianti utilizzano il carburante – prosegue – e quindi adesso sono fermi. Manca spesso la luce, ci sono black-out, così il governo ha deciso di alternare la luce tra i diversi quartieri. A volte si può restare senza luce anche per tre o quattro giorni”. La Gamannossi spiega che la mancanza di luce è ancora più sentita in questi ultimi giorni: “Siamo nel Ramadan e i frigoriferi sono pieni di alimenti: ormai il denaro contante scarseggia e la gente cerca di accumulare il più possibile, ma con questo caldo sta andando tutto a male”.
Intanto, dopo l’uccisione di Abdel Fattah Younes, capo dei ribelli, lo scorso 28 luglio, il fronte dei rivoltosi sembra navigare in cattive acque. Infatti, Abdul Jalil, presidente del Consiglio nazionale di transizione (Cnt) ha sciolto il suo esecutivo e chiesto al segretario Mahmoud Jibril di procedere con un rimpasto di governo. Per la Gamannossi si tratta di un “segno chiaro e lampante che sono in difficoltà, perché nel Cnt convergono tre fazioni politiche diverse”. Nessun “segno di cedimento” dunque, ma solo una “lotta intestina per avere la leadership. È una guerra sporca”.
tratto da: asianews.it
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